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Ritratto – La stampa

GENTE – «Una maschera bianca disegnata sul viso; gli occhi trasformati dalla matita nera in due finestre dell'anima da cui pendono, raggelate, due lacrime; la bocca come una spelonca mobile che si apre, di volta in volta, ora sul riso ora sul pianto; l'andatura dinoccolata di un cantastorie vagabondo che spinge davanti a sé una scassata bicicletta dove ha sistemato tutto il suo bagaglio: ecco come Dimitri si presenta sulla scena per raccontare l'antichissima e sempre nuova «favola» del teatro..... Da un'idea comune con il regista Alessandro Marchetti è nato questo spettacolo. Dimitri ci si è buttato dentro con l'entusiasmo di un bambino e con la consapevolezza del maestro che ha trovato lo «strumento» giusto per esprimere al meglio tutte le qualità della sua arte........Il giudizio del pubblico è stato largamente positivo. Lo spettacolo è molto bello e coinvolgente. E Dimitri è un mostro di bravura nelle sue varie e sempre spassosissime trasformazioni. Il linguaggio che usa per raccontare la «favola» della «famiglia» a cui si onora di appartenere è un misto d'italiano e di dialetto ticinese, un linguaggio che la sua arte di clown rende di una trasparenza esemplare. Insomma lo capiscono tutti, grandi e piccini.» (Giuseppe Grieco)

GIORNALE – «La bicicletta del mimo Dimitri è un cavallo alato che attraversa, con volo lieve, il cielo del fantastico, in un viaggio sicuro ed incantato, portando su di sé tutto il mondo di un clown.......Pedalando dolcemente, Dimitri diventa un mago incantatore, un tenero Prospero capace di evocare mille personaggi in un susseguirsi incessante di frizzi e lazzi, filo sottile di un sentimento di malinconia che, come si sa, è il sentire struggente di tutti i clown. Ma questa volta Dimitri fa un passo in più dà voce ai suoi personaggi, una voce garbata che rompe e stupisce il silenzio del mimo......Nel suo viaggio Dimitri si trasforma in cantastorie che racconta la favola antica del teatro, dalla tragedia greca alla commedia romana, dall'oscuro Medio Evo al colorato Rinascimento, dal carro di Tespi alla bcicletta di Dimitri, il cammino è lungo e insieme breve e l'imperativo nei secoli è sempre quello di portare un pò di felicità. Lo spettacolo vive di momenti di raffinata creatività nel personaggio struggente di Pierrot, ravvivato da una vena di penetrante ironia, nel gioco incantevole di un ventaglio che sa trasformarsi in una maschera tragica, comica e in coro, nei teneri lazzi del clown che tramuta il suo trombone in una magica cornucopia, capace di partorire trombette e topolini, e in molte altre felici creazioni, sempre sostenute dalla bravura di Dimitri, dalla poesia e dalla precisione del suo gesto e dalla freschezza della sua recitazione.» (Magda Poli)

CORRIERE DEL TICINO – «Andato in scena al teatro di Verscio, gremito di pubblico che alla fine non voleva smettere di applaudire, Ritratto è davvero qualcosa di nuovo - e insieme un compendio, una riflessione sulle matrici del teatro -, una svolta nel lavoro del mimo-clown locarnese. Dimitri ha scelto di parlare .... ma la parte mimica non risulta ridotta o trascurata a solo favore della parola. Ritratto è nato da un'idea di Dimitri e del regista Alessandro Marchetti . In scena, solo, impegnato in una carrellata di personaggi che sono la storia stessa del teatro, c'è l'attore, mimo, clown e show-man Dimitri. Una situazione di partenza ottimale, con una collaborazione molto stretta - lo si vede dalla cura dei particolari, dalla concatenazione delle situazioni - e con quello che è il sogno di ogni autore: la possibilità di esprimere le idee in modo preciso, attraverso dettagli filtrati dall'apporto di un attore che è a sua volta creatore.... Il clown entra in scena con una bicicletta superaccessoriata. Ci sono i famosi bauli che contengono sogni, desideri, travestimenti e la magia stessa dell'attore..... L'omaggio di Dimitri e Marchetti è un atto di fede e d'amore. Non c'è un solo elemento che non si inserisca con coerenza nel complesso dello spettacolo; non c'è un gesto, un'intonazione fuori posto.» (Mar.)





 
Foto: Christian Altorfer, Zürich
 

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